LE PENSIONI DOMANI: SI SALVI CHI PUO’

 

Le pensioni domani: si salvi chi può. E’ l’appello lanciato da Giovanni Palladino, con la forza di un imperativo categorico. Come salire sul Titanic. Nessuno di quei viaggiatori di lusso avrebbe potuto mai immaginare che una botte di ferro qual era il megatransatlantico potesse fare acqua per una collisione con una montagna d’acqua. A scuola ci hanno insegnato che l’acqua è attraversabile. E non importa se è ghiacciata. Eppure accadde! Così per lo Stato. Una botte di ferro. Lo era, avverte Palladino. Il mito dello Stato botte di ferro è tramontato, anzi crollato. Fino a qualche decennio fa il candidato pensionato si sentiva al sicuro, protetto, tout court, dal manto rassicurante della pensione. Oddio!, non il vello d’oro del mitico Giasone, ma almeno una piccola coperta che fosse sufficiente a tenerlo al sicuro e a farlo campare decentemente. Invece, prima ancora della mazzata dell’euro è arrivata quella non ancora conclusa delle pensioni. Fame nera. Il grande Inquisitore, lo Stato, si direbbe che in Palladino diventi il grande incosciente (sic), colui che ha erogato pensioni baby e pensioni d’oro, anche a quelli che mai hanno versato contributi previdenziali, e che continua ad erogare finchè non si prosciugherà come gli occhi di Medea. Anche lei aveva fatto violenza sui suoi figli, pardon, uccisi. L’economia pensionistica del bel Paese é andata avanti per decenni a suon di leggi e di riforme, fauste e infauste, iperstatalizzate e ipersindacalizzate. E dietro ogni legge il Solone di turno, convinto che due più due faccia cinque. Ce lo avverte lo stesso Palladino, quando precisa che nel bel Paese entra due e esce tre. Due contribuenti e tre pensionamenti. Così la bilancia non quadra. I fortunati restano fortunati, gli eterni intoccabili, mentre i meno fortunati  devono fare i conti con la cabala, alias le ristrettezze e i tagli. Chiaro che i meno fortunati siamo noi, comuni mortali, magari gente per bene, e non per caso, che ha sempre lavorato con il sudore della fronte e mai gabbato nessuno. Tanto meno lo Stato. Al centro della girandola eccoci questi noi – siamo tutti pensionati in re o in pectore – pronti ad adocchiare il salvagente che il previdente e per questo non tanto spietato Palladino ci fa intravedere a piè della copertina. Un salvagente da Titanic, appena emergente dai marosi. “Dunque, allora, meno male”, ansima il povero pensionato, la speranza c’è”. E tira una boccata grande di ossigeno. Titolo e salvagente sono sulla copertina rosso intenso della bella pubblicazione di Giovanni Palladino, edita da Rubbettino, Catanzaro, settembre 2003,  diventata in pochi mesi un best seller. Un libro tutto da leggere in un fiato, scientifico e sociale, economico e etico, con un filo rosso di umanità che lo pervade da alfa a omega. Non sai se è un bollettino di guerra o un toccasana. Sì, perché se la materia è seria e preoccupante ma non senza soluzioni, la scrittura è agile, intrigante, piacevolissima. E’ il libro del bel Paese delle pensioni, alias dell’Italia che lavora nonostante la piaga della disoccupazione, della botte di ferro che fa acqua, ma anche della certezza che il vapore può riprendere la rotta giusta e garantire a tutti una giusta pensione. Ma questo non è solo compito dello Stato. Bisogna che anche gli abitanti stessi del bel Paese cambino rotta. Un Titanic che si può salvare, insomma. “Questo libro inizia, così si legge a pagina XVII della premessa, con l’auspicio di Lord Beveridge che rivela tanta saggezza e molto realismo. Lo Stato, egli sosteneva, non può svolgere il ruolo di grande assicuratore previdenziale per tutti. Lo impedisce una norma di carattere etico-morale ancor prima che una norma economico-finanziaria: la conquista di una buona pensione, come la proprietà di una bella casa, non può dipendere da un servizio diretto reso allo Stato, ma deve essere il frutto del buon esercizio della responsabilità personale, dello spirito di iniziativa e di una attenta gestione dei rischi. Don Luigi Sturzo parlava di rischio che educa”. E’ evidente che tutto l’impianto di Palladino si connota dello spirito di don Luigi Sturzo, il grande maestro del vivere civile. “L’economia senza etica è diseconomia”, diceva il fondatore del Partito Popolare, quando nel suo appello del 18 gennaio 1919 auspicava un’Italia di liberi e forti. Ed è anche la tensione dell’Associazione Internazionale di Apostolato Cattolico -AIAC-, che ha organizzato l’iniziativa d’intesa con il Comune di Caserta, curandone, il 28 aprile 2004, la presentazione nella sala conferenze del Centro Culturale Sant’Agostino di Caserta. A dare l’indirizzo di saluto a Giovanni Palladino vi erano il sindaco Luigi Falco, il presidente A.I.A.C. Gennaro Sguro, autorità e qualificato pubblico. La presentazione è stata tenuta da Michelangelo Riemma, sindaco di Acerra, componente dell’A.I.A.C., studioso e pensatore insigne, che impronta fortemente la sua azione politica al perseguimento del bene comune. Una disamina articolata e inequivocabile quella che ha tenuto in sala Giovanni Palladino, da protagonista  qual è. Opera da 35 anni nel mondo finanziario e previdenziale, ha lavorato con i maggiori istituti bancari, è tra l’altro direttore dell’Area Finanza e Diritto d’Impresa della Confindustria, presidente del Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo, autore di molte pubblicazioni, cura la rubrica “Numeri e Idee” sul Corriere della Sera. Un’iniziativa felicemente congiunta e una congiunzione non casuale, ma predeterminata, perchè ha coniugato lo Stato, in questo caso l’istituzione pubblica Ente Comune, e un’Associazione di eccellenza, che non poteva che essere l’A.I.A.C. per il suo riconosciuto impegno sul terreno dell’eticità. Per iniziativa dell’A.I.A.C. Caserta sta per diventare Città Etica a livello mondiale con l’istituzione del Premio Etico Città di Caserta, che vede il concorso della Regione, della Provincia, del Comune, della Scuola e delle massime Istituzioni pubbliche e private, con l’intervento di scienziati di fama internazionale. Il Dipartimento A.I.A.C. della Commissione Etica è presieduto dallo scienziato Giulio Tarro. Un libro per salvarsi, dunque. “Il titolo di questo libro non deve trarre in inganno, scrive Palladino. Pur essendo schierato fra i pessimisti sono ottimista per il risultato finale: molti pensionati di domani si salveranno… Sarà proprio lo shock causato dal fallimento della deleteria cultura statalista degli ultimi decenni a creare un habitat favorevole allo sviluppo di una moderna cultura liberale e responsabilizzante, ossia di quella cultura che due grandi Luigi (Einaudi e Sturzo) invano cercarono di diffondere in Italia nel corso della loro lunga vita”. Parola di Giovanni Palladino.

Anna Giordano