Erga migrantes

 

Pubblichiamo il testo della “ Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti)

Si tratta di un fondamentale documento ufficiale della Chiesa cattolica compilato dal Pontificio Consiglio per i Migranti “  pubblicato il 14 maggio 2004

Esso può essere distinta in due parti: nella prima vengono esaminati i problemi posti dalle grandi ondate migratorie per motivi di lavoro mentre nella seconda vengono proposte una serie di norme e principi pratici ai quali i fedeli e i sacerdoti sono invitati ad attenersi 

Al centro di tutto il discorso è la cultura dell’accoglienza e del dialogo inteso come “dovere” per tutti ma in particolare per i cristiani e la conseguente  inequivocabile  condanna di ogni razzismo e xenofobia e l’esortazione a superare paure e insicurezze

Si afferma con forza il diritto agli migranti del ricongiungimento familiare, all’educazione dei figli, all’alloggio, al lavoro, e alla partecipazione culturale civile e anche politica  nelle società in arrivo Tuttavia il discorso e molto realistico e concreto e non nasconde le difficoltà e le insidie di un dialogo semplicistico e imprudente. In questa ottica ad esempio si richiamano  i nostri “ fratelli mussulmani” a non mettere in discussione le conquiste moderne relative ai diritti civili, alla libertà religiose,alla laicità dello stato, alla  pari dignità dei sessi. Si  sconsigliano, in particolare,  i matrimoni fra donne cattoliche  e  mussulmani fonte di “amare esperienze”e  si escludono che luoghi di culto cattolici possano essere condivisi con altre religioni.

 In questa sede noi esamineremo solo alcuni punti che possono essere particolarmente rilevanti per le  attività della Nostra Associazione relativamente all’Ucraina e precisamente la parte relativa ai cattolici di rito orientale: gli ucraini con i quali siamo infatti in contatto sono tutti cattolici di rito orientale. La maggioranza degli Ucraini segue la chiesa orientale  ortodossa ( attualmente divisa in verità in due tronconi  uno autocefalo e l’altro che segue il patriarcato do Mosca.). Nella parte occidentale (  dove si trova L’viv e Univ ) invece prevale  nettamente la Chiesa Cattolica Uniate cioè quella parte della chiesa ucraina che si uni a quella cattolica romana  nel XVII secolo .Pertanto i nostri amici ucraini sono della nostra stessa fede ma seguono un rito diverso ( ad esempio il Natale per essi viene il 7 gennaio)

 Nella “Erga migrantes” una particolar serie di norme è rivolta specificatamente propri agli appartenenti alle chiese Orientali che si trasferiscano in Occidente  dove prevale la Chiesa di rito latino. Il principio fondamentale perseguito è quello di rispetto verso le tradizioni diverse da quelle occidentale e la cura che i fedeli di chiese di altro rito non si sentano privati della loro  tradizione religiosa, in genere, anche molto ricca.

 In questa ottica viene  enunciata  una serie  di norme che brevemente riassumiamo:

(canone 52) anche se i fedeli frequentano le parrocchie di rito latino e prendano i sacramenti secondo questo rito essi però restano ascritti alle loro chiese  di appartenenza e hanno il diritto, quando possibile, di  seguire i propri riti

(Canone 53 ) Dovunque sia possibile si  debbono costituire parrocchie dello stesso rito e il Vescovo ( di rito latino)  deve essere coadiuvato da un vicario per il rito orientale.

 (Canone 54) Anche conservando il principio territoriale  ( cioè ogni vescovo o parrocchia provvede a tutti i fedeli del territorio) tuttavia viene fatta una eccezione per i cattolici di rito orientale  che vengono quindi ad avere proprie strutture ( cioe rivolte solo ai fedeli di quel rito)

 (Canone 55) Si prevede nella nomina di vicari e parroci l’intesa con le chiese di origine ( cioè esistenti nella madre patria)

 

In Napoli gia da qualche tempo si officia al centro storico in lingua ucraina e secondo il rito orientale e lo stesso avviene anche da parecchio tempo al Santuario di Pompei .

 Tuttavia  a nostro giudizio tali prescrizioni non troveranno  ampia applicazioni per la comunità ucraina presente in Italia per due ordini di motivi.

Innanzitutto sono pochi i religiosi ucraini che hanno seguito  gli emigranti della loro nazionalità (come invece è ampiamente avvenuto per i musulmani). Quindi non avremmo molte  possibilità di reperire religiosi in grado di officiare nel rito nazionale. In secondo luogo, ma ancora più importante, gli emigranti ucraini secondo la nostra esperienza, non mostrano grande  interesse a conservare i propri riti. La tendenza prevalente infatti è quella di inserirsi al più presto nella nostra comunità, non si manifesta il desiderio di conservare tradizioni e usi aviti. Molte donne tendono addirittura di tingersi i capelli di scuro per non farsi immediatamente individuare come slave e il sogno prevalente è quello di sposare un italiano. Non ci sembra quindi che i fedeli ucraini sentano l’esigenza di perpetuare il proprio rito religioso: è chiaro che le prescrizioni tendono a secondare il desiderio degli emigranti e non certo a  imporre  scelte non sentite e condivise

Notiamo invece e dolorosamente un forte affievolirsi dello spirito religioso negli emigranti. Settanta anni di persecuzioni comuniste non sono riusciti a sradicare il cattolicesimo in Ucraina e quando finalmente il lungo inverno del comunismo si è dileguato il  cattolicesimo è riapparso più forte che mai. Ma solo qualche anno in Occidente , nella prospera Italia  pare che abbiano avuto un effetto dirompente sulla fede. In verità non sappiamo se tutto ciò sia solo apparente. Noi  pensiamo pero che nell’allontanamento dalle chiese molto si deve alla posizione matrimoniale irregolare di molti  emigranti. Bisogna tener conto che  non sono  passati nel nostro paese interi nuclei familiari o capifamiglia in attesa di congiungimento familiare ma sono venute in massima parte donne  sole con situazioni matrimoniali già difficili alle spalle.

 Noi speriamo che con il tempo e la regolarizzazione delle emigrazioni questa situazione possa venire  superata.

 (Gianni De Sio )