COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI CASERTANE
GIOVANI, L’ASPETTATIVA DI VITA È RIDOTTA DI DUE ANNI
E MEZZO Tumori, a
Caserta si muore prima.
Caserta, 16/12/2006 - L’allarme ieri al summit
sulla tutela della salute del territorio Rivezzi: dati sconcertanti sul
territorio.
La salvaguardia della salute passa necessariamente attraverso quella dell’ambiente.
Una dichiarazione, apparsa ai più come un monito, quella ripetuta a chiare
lettere dai relatori del convegno dal titolo «Conoscenze di patologia ambientale
per medici di Medicina Generale e Pediatri - tutela della Salute del Territorio»
promosso dall’associazione medici per l’ambiente
e l’ordine dei medici di Caserta. «I
dati in nostro possesso sono sconcertanti - fa notare Gaetano Rivezzi,
presidente di Medici per l’ambiente -.
La provincia di Caserta, insieme a quella di Napoli rappresenta una delle maglie
nere in materia di inquinamento atmosferico. Nella maggioranza dei comuni della
provincia è stato registrato infatti un aumento di tumori polmonari, infezioni
respiratorie, bronchioliti e patologie allergiche. E, cosa ancora più grave, i
soggetti a rischio risultano essere i bambini e gli adolescenti. Gli esami
effettuati dall’università parlano
chiaro. Noi casertani abbiamo un’aspettativa
di vita di due anni e mezzo inferiore alla media nazionale». A convalidare la
tesi della categoria un dettagliato studio portato avanti negli ultimi anni dal
polo scientifico della Sun: «Abbiamo monitorato costantemente il livello delle
Pm10 e quello del benzene liberati in un’area
periferica della città - spiega Sante Capasso, professore della facoltà di
Scienze ambientali - e scoperto che la loro presenza, in quantità superiore a
quella prevista dalla legge, era paragonabile a quella dei grossi centri urbani.
Basti pensare che nei giorni lavorativi le polveri sottili hanno raggiunto
sistematicamente i 41,6 microgrammi al metro cubo rispetto ai 40mg consentiti
dalla normativa che tra l’altro impone
di abbassare i valori a 20mg entro il 2010. Analogo discorso per il benzene che
nei giorni feriali ha toccato quota 8,6 mg al metro cubo a fronte dei 5mg
tollerati». Sul banco degli imputati non soltanto smog e inquinamento ma anche
le sostanze chimiche e tutti gli interferenti endocrini (come la diossina) che
vengono immessi nell’ambiente e poi, in
assenza di adeguato smaltimento, riassorbite dall’organismo
attraverso l’alimentazione. Un processo
che, secondo Francesco Massart della clinica pediatrica di Pisa, interferisce
con l’attività metabolica e produce un
aumento incontrollato degli estrogeni responsabili di malformazioni dell’apparato
genitale femminile e dei tumori alla prostata. Da qui la decisione dell’associazione
Medici per l’Ambiente di sottoscrivere
un progetto di ricerca con l’istituto
zooprofilattico di Teramo per dosare la diossina presente nel latte delle
puerpere e scongiurare così il rischio che la sostanza venga trasmessa al
neonato. Ma a tenere banco ieri è stata soprattutto la richiesta avanzata
pubblicamente al presidente della Provincia, Sandro De Franciscis, di farsi
carico della istituzione di un osservatorio epidemiologico ambientale e di un
registro dei tumori (il cui costo sfiora i 100mila euro l’anno)
fondamentali in un territorio in cui esiste un disastro ambientale certificato.
Una richiesta che tuttavia difficilmente potrà essere soddisfatta in virtù del
fatto che - come ha spiegato lo stesso presidente - si tratta di iniziative di
chiara competenza dell’Asl.
14/12/2006 - Aree inquinate: ambiente a rischio.
E la salute?
Si tiene oggi al CNR il workshop “Studi
su ambiente e salute nei siti inquinati”,
durante il quale viene presentato il Rapporto “Indagini
epidemiologiche nei siti inquinati”, che
propone la promozione della ricerca sul tema. Alcune tra le più recenti indagini
di epidemiologia ambientale vengono illustrate oggi a Roma, presso la sede del
Consiglio Nazionale delle Ricerche, nel workshop “Studi
su ambiente e salute nei siti inquinati: prospettive di sviluppo metodologico e
applicativo”. Intervengono tra gli altri
il presidente del CNR, Fabio Pistella, il direttore del Programma Ambiente e
Salute dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità, Roberto Bertollini, e la vice presidente dell’Associazione
Italiana Epidemiologia, Adele Seniori Costantini. Nel corso del workshop viene
presentato il rapporto ISTISAN 06/19 “Indagini
epidemiologiche nei siti inquinati: basi scientifiche, procedure metodologiche e
gestionali, prospettive di equità”,
curato da Fabrizio Bianchi dell’Istituto
di Fisiologia Clinica (IFC) del CNR di Pisa e da Pietro Comba del Dipartimento
ambiente e connessa prevenzione primaria dell’Istituto
Superiore di Sanità, che approfondisce la riflessione sullo stato di salute
delle popolazioni residenti nei siti inquinati.
Numerosi studi recenti hanno infatti segnalato situazioni critiche per i
residenti nelle aree a rischio. Eccessi di mortalità, malformazioni congenite o
altre condizioni anomale sono riscontrate in molte zone studiate (tra cui
Augusta- Priolo, Gela, Porto Torres, Taranto, Genova, Mantova, Massa Carrara e
vaste aree della Campania interessate dallo smaltimento incontrollato dei
rifiuti). I risultati emersi dalle ricerche condotte sui residenti in prossimità
di poli industriali e siti di smaltimento di rifiuti tossici, hanno evidenziato
un generale incremento di molte patologie e del relativo tasso di mortalità.
“In molte di queste zone sono in corso
attività di monitoraggio ambientale, sorveglianza sanitaria e in alcune di
bonifica delle matrici contaminate”,
osserva Fabrizio Bianchi dell’IFC-CNR,
“che coinvolgono diverse istituzioni ed
enti e che richiedono studi multidisciplinari rigorosi, tecnologie innovative,
sistemi avanzati di misura e valutazione, misure di prevenzione primaria, nuove
tecniche di comunicazione e partecipazione. Su questi argomenti il CNR è
impegnato a dare il proprio contributo in collaborazione con gli altri soggetti,
in primo luogo l’Istituto Superiore di
Sanità e Ministeri competenti, soprattutto per capire meglio i meccanismi di
contaminazione della catena alimentare e di passaggio all’uomo
di inquinanti ambientali persistenti, sviluppare tecniche di misura individuale
dell’esposizione, sperimentare nuove
tecniche di bio-depurazione, usare efficacemente le risorse di geo- osservazione
e localizzazione satellitare”. Nelle
aree industriali siciliane si sono intensificate le malformazioni infantili e i
casi di aborto, come pure i tumori a polmoni, colon-retto e pleura. In Campania,
dove la mortalità nel ventennio 1982-2001 è diminuita ma si mantiene al di sopra
della mortalità nazionale, le malattie del sistema circolatorio rappresentano la
prima causa di morte in entrambi i sessi (40% per gli uomini, 50,3% donne),
seguite da tumori (30% maschi, 21,3% femmine), in particolare a stomaco, reni,
fegato, bronchi e polmoni, pleura e vescica. Preoccupanti anche i dati
provenienti dall’area dell’acciaieria
di Cornigliano, dove si osserva una maggior incidenza (+10%) di tumori negli
uomini rispetto al resto di Genova, in particolare a laringe, encefalo, sistema
nervoso centrale e sistema emolinfopoietico. Nella zona di Massa-Carrara, i dati
di mortalità generale (più elevati di quelli regionali, specialmente tra i
maschi: eccesso del 10%) rilevati a dieci anni dalla chiusura degli impianti
ANIC-Agricoltura e Farmoplant mostrano un indice di mortalità maschile, rispetto
alla media toscana, maggiore per i tumori al fegato del 53% a Carrara e del 69%
a Massa, per i tumori della laringe del 64% e 52%, per il tumore della pleura a
Carrara del 131%. Nel polo industriale di Termoli e nella zona della discarica
di Guglionesi, in Molise, si verifica l’aumento
della mortalità dal 1980 al 2001 per cause tumorali, in genere nei maschi e
quindi associabili a esposizioni lavorative, e di malattie dell’apparato
respiratorio (+17% a Termoli e + 42% a Guglionesi).
Roma, 14 dicembre 2006