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Saluti e Buone Feste,

Tonino Malori

Storie dimenticate,60° di Terra di Lavoro,Racconto domenica 17 dicembre 2006

PERSONAGGI E STORIE DIMENTICATI IL 13 DICEMBRE 1856 È GIUSTIZIATO SULLA FORCA AGESILAO MILANO


Un terrorista o un patriota dimenticato?


In onore dell’Immacolata si teneva a Napoli sul campo di Marte a Capodichino una sfilata militare in presenza del Re. L’8 dicembre 1856, il soldato Agesilao Milano, 26enne di San Benedetto Ullano (Cosenza), uscì dalle file del 3° Cacciatori e vibrò un colpo di baionetta a Ferdinando II. Il Re, però, riportò solo una lieve ferita al fianco destro perché il colpo venne deviato dalla fondina della pistola o perché la baionetta si curvò, secondo le versioni riportate. Un colonnello degli Ussari, il conte Francesco de la Tour en Voivre, si precipitò sull'attentatore, lo atterrò e ne consentì l
arresto. Il chirurgo ritenne la ferita superficiale e la Regina, nel timore che l'arma fosse avvelenata, pare che si sia inginocchiata per succhiare il sangue infetto. La sfilata proseguì dal momento che Ferdinando II fu in grado di rimontare a cavallo e resisterci per tutto il tempo necessario. Pare che quella sera a Napoli ci siano state grandi feste da parte del popolo in onore del suo Sovrano, scampato da tanto pericolo. Agesilao Milano venne processato, condannato il 12 Dicembre e giustiziato sulla forca il mattino del giorno seguente in Piazza del Cavalcatoio. Sono passati 160 anni dallesecuzione e il ricordo di Agesilao Milano è stato in qualche modo
archiviato. Questo dato di fatto mi ha posto un interrogativo, che ne generati altri: perché Agesilao Milano non gode della memoria accordata ad altri personaggi storici simili del nostro Risorgimento? Forse perché non siamo in grado di deciderci se sia stato un patriota o un terrorista, solo perché aveva attentato alla vita del Re delle Due Sicilie? E se non siamo in grado di stabilire se Agesilao Milano è stato un patriota o un terrorista in riferimento ad un episodio della nostra storia di 160 anni fa, come possiamo sperare di poterci almeno orientare in situazioni analoghe dei nostri giorni? Siamo, perciò, irrimediabilmente prigionieri delle ideologie, che conducono ineluttabilmente a differenti interpretazione dei fatti storici? Se è così, allora siamo condannati a non poter conciliare posizioni o culture diverse?

Ma chi era Agesilao Milano?

Anche qui non è dato di sapere con sufficiente certezza. E’ stato dipinto sia come "uno sciupafemmine che attentò alla vita del re", quasi come un sicario prezzolato, sia
come una persona di grande cultura, acquisita prima presso il Collegio Corsini di San Demetrio Corone e perfezionata poi con lo studio dei classici latini e greci presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Pare che le opere di Plutarco, di Cornelio Nipote e le gesta degli eroi antichi avessero contribuito ad innescare in lui la passione patriottica, che lo spinse ad eseguire l
attentato. Pare anche che Agesialo avesse meditato di sparare al Re e che nellemozione del momento il proiettile gli fosse sfuggito di mano, per cui andò alla carica con la baionetta. Discordi sono anche le descrizioni degli atteggiamenti che Agesilao Milano assunse di fronte alla inevitabile sentenza di morte. C’è chi riporta che fosse pronto a rivelare il nome degli istigatori e dei complici per ottenere clemenza e chi, invece, assicura che, volendo che il suo gesto passasse alla storia come il tentativo di giustiziare un tiranno, rifiutasse la grazia che il Re spontaneamente era propenso ad accordargli, visto che era uscito quasi illeso dallattentato. Certo è che il più accanito sostenitore della pena capitale fu il generale massone Alessandro Nunziante, aiutante
di campo di Ferdinando II, che fu sospettato di essere implicato nell
attentato con altri graduati dello stato maggiore e, perciò, volesse rapidamente chiudere la bocca di Agesilao Milano. Non risultò, comunque, che egli appartenesse personalmente ad una qualunque organizzazione segreta, sebbene gli avessero trovato addosso una copia de "La libera parola", che a Napoli era diffusa dal "Comitato Segreto Fanelli". Tale ritrovamento servì alla polizia solo per effettuare retate ed arresti. Comunque Mazzini fece poi coniare una medaglia commemorativa in suo onore, qualificandolo come "martire". Processato e condannato a morte per direttissima, Agesilao Milano rivolse ai giudici la seguente istanza: " (...) vi prego di far giungere ai piedi del Sovrano l'umile preghiera di visitare le sue provincie, per vedere a che son ridotti i suoi sudditi". Ferdinando II, da parte sua, fu profondamente turbato dall'accaduto tanto che tale turbamento fu collegato alla malattia che, tre anni più tardi, il 22 maggio 1859, lo avrebbe portato ancor giovane alla tomba fra atroci sofferenze. Subito dopo lesecuzione della condanna si dice che il Re incominciasse ad avere delle visioni paurose. Egli sognò, tra l'altro, che persone armate di bastoni di ferro dissotterrassero la bara di Agesilao Milano e la trasportassero, passando dinanzi al Palazzo Reale, fino al porto, per imbarcarla verso una destinazione ignota e lontana. L'indomani fece ispezionare dalla Guardia regia la tomba del giustiziato, la cui salma era però al proprio posto. Eppure si diffuse e rimase consolidata la leg-genda del trafugamento della salma dell'attentatore di Ferdinando II. Con tutti questi "forse" e "pare" sulla storia del povero Agesilao Milano, terrorista o patriota che fosse, nessuno se ne
ricorda più ed anche il 160° anniversario della sua esecuzione o del suo attentato al Re è passato inosservato dappertutto, eccetto che nel suo paese natale. Abbiamo perso un
altra occasione per cercare di capire, attraverso un recupero più sereno di questa vicenda storica, in che mondo viviamo oggi e quanta attenzione si debba fare nelletichettare come terrorista o patriota chi è implicato in azioni di sangue. Perché il contesto storico può forzare le migliori intenzioni e creare delle situazioni di necessità dalle quali diventa impossibile sfuggire. Questo ce lha magistralmente mostrato Ken Loach con il suo ultimo film, "Il vento che accarezza lerba", Palma doro a Cannes, uno spaccato di storia nazionale di inizio secolo attraverso gli occhi di due giovani fratelli uniti dal sangue ma alla fine separati negli ideali della lotta. Rispettando la storia e la memoria senza pretendere di fare la morale, nel film è l'Irlanda ad essere raccontata, ma la vicenda è tale che potrebbe essere accaduta o accadere oggi, in un qualsiasi paese del mondo in lotta per la libertà. Il Damien di Loach, che stava per partire per Londra per diventare un tranquillo medico borghese, viene letteralmente "risucchiato" dagli eventi di cui è testimone e, alla fine, dovrà confrontarsi su sponde opposte con il proprio stesso sangue e finirà giustiziato da un plotone di esecuzione comandato dal fratello Teddy. ellimmaginare Damien vorrebbe tirarsi fuori dal "cul de sac" in cui era entrato ma sa che è impossibile per la sua coscienza trasformarsi in delatore. Allora scrive alla moglie nella sua ultima lettera "È facile sapere contro cosa si combatte. Più difficile è sapere in cosa davvero si crede". Loach ne è consapevole e in questo film più che mai finisce con l'interrogarsi sulle ragioni degli uni e degli altri, come si sarebbe potuto fare nella ricorrenza del 160° anniversario della morte di Agesilao Milano. Per poter avere un quadro della situazione italiana del 1856, visto che le ricostruzioni degli storici sembrano sempre più divergenti, non ci resta che aspettare un Kean Loach nostrano, che abbia anche lui la stessa consapevolezza del grande, vecchio regista quando ha detto in una intervista: "Ho sempre pensato che conoscere il passato, e affrontarlo, è fondamentale per capire il presente e questa è la ragione per cui, io che sono molto interessato a parlare delloggi, torno continuamente indietro a parlare e a pensare il passato, anche perché spesso la storia ritorna, in qualche modo, sui suoi passi. E così la lotta per lindipendenza dellIrlanda è un momento critico per capire la storia di quel paese, come lo fu la guerra civile spagnola e come, daltra parte, è oggi loccupazione dellIraq, che molto ti dice non solo sul popolo occupato ma anche sugli occupanti, americani e inglesi".