Ministero per gli Italiani nel Mondo

 

 

 

COMUNICATO STAMPA

 

IL MINISTRO MIRKO TREMAGLIA ALLA PRESENTAZIONE

DEL VOLUME SU CARLO URBANI,

IL PRIMO MEDICO CONTRO LA SARS

 

“Ho un ospedale pieno di infermiere che piangono. La gente corre e urla totalmente terrorizzata. Non so che cosa sia, ma non è influenza!”. Questa la mail con cui un anno fa Carlo Urbani, il medico italiano che per primo ha individuato la Sars e in pochi giorni ne è morto, inviava dal Vietnam il suo appello all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono drammatiche e piene di pathos le lettere rese note per la prima volta nel libro della giornalista Lucia Bellaspiga, “Carlo Urbani, il primo medico contro la Sars”, editrice Ancora, che giovedì 25 marzo, alle ore 11.30, verrà presentato in Campidoglio (Musei Capitolini, Palazzo del Conservatorio, Sala Pietro da Cortona) dal ministro Mirko Tremaglia, dal sindaco di Roma Walter Veltroni, da Giuliana Urbani, moglie del medico scomparso e presidente dell’Aicu - Associazione italiana Carlo Urbani - dall’ambasciatore italiano in Vietnam Luigi Solari, dall’ambasciatore vietnamita in Italia Le Vinh Thu, da Nicoletta Dentico, già direttore di Medici senza Frontiere, di cui Urbani fu presidente e come tale ritirò il Premio Nobel per la Pace nel 1999. Urbani era stato chiamato in un ospedale francese che nulla aveva a che vedere con lui, ma non si tirò indietro: doveva bloccare il contagio di una malattia sconosciuta e per farlo non risparmiò se stesso. “Confermo che ci sono 7 casi anche tra lo staff medico”, scriveva il giorno dopo dall’ospedale di Hanoi in un’altra mail all’Oms. E il giorno dopo ancora: “L’escalation è aumentata. Stamattina ho raccomandato di isolare tutto il primo piano dell’ospedale. Chiedo rinforzi: lo staff ricoverato è ormai più numeroso degli infermieri ancora abili al lavoro…”. Infine l’ultimo messaggio, concitato: “Gli antibiotici non fanno effetto!”. Dopo due giorni, l’11 marzo, Carlo Urbani sentì in sé i sintomi della Sars e non si fece illusioni: si auto-isolò nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Bangkok, in Thailandia, e il 29 marzo 2003, dopo 18 giorni di agonia, morì. L’ultimo pensiero fu ancora per gli altri: ordinò che il suo tessuto polmonare fosse conservato per trovare una cura. “Non aveva più fiato, gli uscivano solo suoni affannosi, ma riuscì a raccomandarmi i suoi tre bambini”, racconta padre Piergiacomo Urbani, il missionario italiano che gli diede l’estrema unzione, nell’intervista a Lucia Bellaspiga, (giornalista di “Avvenire”, Primo Premio giornalistico “Maria Grazia Cutuli”). “Che cosa significa essere un eroe se non vivere ogni giorno, per 47 anni, con lealtà e impegno a favore degli altri, gridando contro l’ingiustizia e un’economia che schiaccia i più deboli? La vera eroicità non sta in un solo grande gesto ma nella coerenza del quotidiano”, dice suor Anna Maria Vissani, sua guida spirituale, il cui epistolario inedito con Carlo Urbani costituisce la terza parte del libro. “Non sapremo mai quante persone al mondo sarebbero morte di Sars se non fosse stato per l’eroismo del dottor Urbani”, dice il segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan nella sua introduzione al libro. Il volume è già stato tradotto in cinese del ministero della Sanità di Taiwan. I giornalisti interessati a seguire la presentazione possono fare richiesta di accredito presso questo ufficio stampa.

E mail: Vanya Cardone <vanya.cardone.est@esteri.it>.

 

Roma, 23 marzo 2004