ARRIVO A NEW YORK
Era una giornata
afosa ,nuvolosa: all'orizzonte si intravedeva un pò del porto di New York
coperto di nebbia. Come d'incanto apparve la grande Statua della Libertà. La
gente mandò un urlo e batterono le mani, eravamo veramente in USA. La gente era
come impazzita ,pestavano, spingevano, davano gomitate per uscire, nessuno più
rispettava la fila.
Arrivò il nostro turno e tra spinte e pestate di piedi riuscimmo a scendere.
Non ero affatto preparataper la scena che si presentò davanti ai miei occhi. Un
mucchio di passeggeri appena sbarcati era radunata attorno ai bauli appena
scaricati. Gli addetti, le autorità di porto avevano aperto i bagagli pieni di
salame ,prosciutto, olio formaggio.. avevano buttato tutto per terra e li
pestavano con i piedi poi con un calcio mandavano tutto giù in acqua. Lo
facevano quasi con piacere sghignazzando. Le lattine di olio le aprivano e con
una stecca, le agitavano. La gente piangeva, supplicava pregava gli addetti di
non buttare tutto, dicevano che erano povera gente e avevano portate
queste cose con loro per i parenti. Fecero capire che avrebbero diviso tutto
anche con loro. Tra gli scaricatori c'erano anche gli italiani, furono loro a
venire in aiuto a molti dei loro connazionali. Sapevano un pò d'inglese;
parlarono con gli addetti, si fecero cenni, poi tornarono a parlare con noi. Ci
dissero che erano arrivati a un accordo con le autorità, che loro ,gli
scaricatori ,si sarebbero presa piena responsabilità di tutto a parte che noi
avessimo diviso il contenuto dei bauli con loro. Ovviamente avevano fatto
questo da sempre. Intervenivano dopo che le autorità avevanopestato e buttato
tutto ai primi sbarcati in modo che tutti vedessero,poi venivano loro, i nostri
paesani, a "salvarci"
Scendemmo. Tra la folla di parenti vidi alcune persone che si facevano avanti
verso di noi. Erano zii e cugini miei ma io non conoscevo nessuno di loro. La
sorella e il fratello di mio padre lo abbracciarono poi abbracciarono
me. Era una scena che si ripeteva per tutto il porto, baci,abbracci pianti ,
emozioni. Fra tutta la confusione avevo dimenticata la mia amica di viaggio
Michela. Mi girai attorno, la cercai, la vidi con due signore, sue zie. Ci
salutammo e quando dissi dove sarei andata ad abitare mi dissero che abitavano
a poca distanza ed io e Michela potevamo vederci sempre. Fu una bella notizia.
.Già avevo una compagna nella nuova terra. Gli zii mi presentarono i cugini
:erano due giovanotti loro figli. Mi salutarono ma facevo fatica a capirli,
parlavano una lingua strana nè italiano nè dialetto. Uno di essi mi guardò
da capo a piedi e disse " che bel completino! you look nice! " Già il
completino che mamma mi aveva comprato per fare bella figura! Io arrossi. Mio
cugino Tony mi prese per una mano e mi portò al carrettino del gelataio Disse:"
vuò ice cream?" Vide che non capivo e disse "icecreama" tutta una parola con la
vocale finale . Capii solo quando mi consegnò il cono del gelato. Presi il
gelato,era buono,rinfrescante , l'afa era opprimente. Eravamo tutti stanchi
morti.
Lo zio ci guidò verso al sua macchina. Era una bella Ford di colore chiaro.
Ancora ricordo il numero di targa .Salimmo e io e mio padre e ci avviammo verso
la nuova vita