IMBARCO  A NAPOLI

 

la mattina del 9 luglio la mamma mi svegliò prestissimo, erano le 4 del mattino.

Il grande giorno della partenza era arrivato. La macchina  che doveva portarci a Napoli era già parcheggiata  davanti a casa, mio padre e l’autista caricavano le valigie. Mi preparai, era come un  sogno sembrava che guardavo un film. Pareva che  non ero io che partivo ma un altra persona ed io guardavo da lontano. Ero come un automa. Forse non volevo pensare alle conseguenze di quello che accadeva. Lasciare tutto quel che conoscevo, tutto quel che tenevo caro,tutti quelli che amavo. Anche se pochi giorni prima avevo creduto di essere la più fortunata del paese per via che andavo in America!

Intanto si erano alzate anche le sorelle. Sarebbero venute ad accompagnarci insieme alla mamma.

Erano ancora piccoline Iole 7 anni e Maria 5. Quando mamma non c’era ero io che accudivo a loro. Le vestivo, le preparavo per la scuola, le portavo fuori a giocare e quando tornavano trovavano sempre la minestrina calda e loro cinguettavano allegramente. Stamattina erano quiete,si erano appartate e guardavano i preparativi senza dire niente. Detti un ultimo sguardo attorno....la cucina ......il focolare tutto volevo vedere e toccare  prima di partire. La nonna era in piedi vicino al tavolo, col viso mesto,una mano dentro la tasca del  grembiule,l’altra appoggiata al tavolo. Lei non ci accompagnava a Napoli,il viaggio sarebbe stato troppo lungo.......cosi disse ma la ragione era tutt’altra.

“Andiamo” fece mio padre. Prima di salire in macchina salutò la madre con un abbraccio:  fu un saluto triste e amaro, la nonna era sempre vissuta con noi ed erano particolarmente legati l’uno a l’altro. Mio padre venerava sua madre, l’adorava.

La nonna si era distaccata da ben quattro dei suoi figli per la stessa ragione che ora si distaccava  da noi.

Ma non si lagnava,non si lamentava ringraziava sempre il Signore  che aveva aperto la via  ai suoi figli,una via di vita migliore che in Italia non avrebbero,in quei tempi potuto ottenere.

Eravamo tutti sulla soglia della casa, l’autista  aveva aperto le porte della macchina ed era pronto per partire. Nonna si fece avanti allungò la mano sopra di me e mio padre  e ci benedisse dicendo”andate e che Dio vi accompagni sempre”. Fu un gesto che mi emozionò tanto ,mi toccò nel profondo dell’anima e allora piansi . Mio padre per nascondere le lacrime si mise subito dentro la macchina e partimmo. Ci allontanavamo sempre piu’ dal paese. Guardavo indietro, sparivano le casi, i campi  passammo tutte le contrade arrivammo ad Atina dove imboccammo la strada maestra. Un ultimo sguardo dietro verso il paese ora si vedeva solo la Croce sul Campanile tra poco sarebbe scomparsa anche quella.

 Via facendo si faceva giorno, il viaggio sarebbe durato quattro ore. In macchina nessuno parlava tutti assorti nei loro pensieri. Io nei miei ,pensavo al ragazzo che mi aveva corteggiata assiduamente. Un bel ragazzo alto longilineo con un bel sorriso. Non volevo legarmi a nessuno  e gli avevo detto di no. Pero’ora sentivo una stretta al cuore per non averlo almeno salutato. La macchina si allontanava sempre più dal paese, ogni tanto quando giravamo attorno a una collina si poteva vedere ancora un tralcio del paese.

Infilammo  l’autostrada, La Casilina, e via fino a Napoli. Arrivammo, erano quasi le nove.

Il porto di Napoli era un via vai di gente,macchine ,scaricatori frastuono e confusione dappertutto .Un fumo nero e acre pendeva su tutto il porto. L’autista scaricò la macchina e consegnò i bagagli per il controllo. Con  mio padre andai all’ufficio  controllo documenti, presentammo il passaporto, carta d’identità biglietto d’imbarco .... tutto a posto .......potevamo imbarcarci.

La grande nave Cristoforo Colombo era ancorata , sembrava enorme,una città galleggiante.

I caricatori caricavano portando grandi sacchi sulle spalle e anche in testa. Fu la prima volta che vidi uomini portare grandi sacchi in testa. Fu anche la prima volta che vidi caricatori negri. Dalla nave gli altoparlanti trasmettevano musica e canzoni. Canzoni come “Addio  mia bella Napoli”, ” Torna a Surriento”, ” Partene e  bastimenti” tutte canzoni che mettevano tristezza. Già avevamo un peso, un dolore,  fra qualche minuto avremmo salutata la famiglia, saliti a bordo e partiti lontano lontano.

L’America ci aspettava.

Non potrò mai descrivere  quel che provai a distaccarmi da mia madre e le sorelline.

Loro si erano attaccate a me ai miei fianchi e si stringevano. Ogni volta che facevo un passo le sorelline anche si muovevano con me. Avevo fatto loro da mammina  ed ora mi sentivo in colpa per doverle lasciare. Osservai mia padre distaccarsi da mia madre vidi nel suo viso un profondo dolore e commozione che non avevo mai visto prima .Mi fece pena vederlo così triste e commosso. Un grande peso mi invase, capii che ora lui sarebbe stato mia responsabilità. Sarei stata io ora ad accudirlo in tutto. Mi mise paura questo pensiero e mi sentii disperatamente sola.

Insieme ci avviammo verso l’imbarco. Salimmo sulla  nave  con visi mesti. Dal ponte della nave ci affacciammo a guardare la folla sottostante. Cercai col lo sguardo........ scrutai  la folla .... finalmente le vidi, la mamma ferma immobile e le sorelle salutavano agitando le mani verso la nave. Pensando, che  forse tra centinaia di persone, tutte pigiate spalliera del ponte, esse ci vedessero,cominciai ad agitare la mano anche io verso di loro. Un gruppo di marinai  venne ad annunciare che stavamo per salpare e bisognava  che

tutti andassero in cabina. Nessuno li ascoltò, nessuno si mosse  la gente continuava a  lanciare coriandoli alla folla sottostante. Fu una lotta per i marinai e addetti a separarci dal ponte. Alla  fine  dovettero spingerci giù verso le cabine come un branco di pecore.

Dopo un po’ la nave lanciò tre forti boati e partì.