LA PARTENZA

 

I giorni prima della partenza erano pieni di preparativi. Mio padre voleva lasciare tutto apposto tutto bene. Aveva una piccola ditta di trasporto che doveva liquidare.

Un signore di un altro paese era venuto a contrattare. Voleva comprare tutto ma non aveva soldi per pagare. Cosi si misero d’accordo che avrebbe pagata una rata mensile a mia madre. A mio padre gli andò bene l’idea. In questo modo la mamma, le sorelle e la nonna avrebbero avuto un entrata prima che noi due ci saremmo stabiliti e cominciato a mandare soldi da qui.

La nonna preparava un grande baule e lo riempiva d’ogni ben di Dio. Metteva dentro salsicce, prosciutti, lattine d’olio d’oliva , pezze di formaggio. Aveva quattro figli in America venuti prima di noi e voleva mandare un po’ di tutto. Specialmente le cose fatte da lei in casa e l’olio ricavato dai nostri uliveti. Io non mi contenevo per la contentezza di emigrare. Lasciare il piccolo paese andare in grande città come New York mi eccitava molto. Immaginavo città con grandi piazze e fontane, bei palazzi e monumenti. Sognavo di trovare tanti bei ragazzi italo americani, tanto più belli e benestanti dei paesani. Le settimane prima del grande giorno mia madre era andata al mercato e mi aveva comprato un bel talieur celeste e scarpe nere con tacchi alti.

 Mi sentivo veramente una “grande” a vedere quel bel vestito e le scarpe col tacco.

Si era spiantata a comprarlo  e sono sicura che il pollaio di nonna aveva “cantato più di un mese per riempire il salvadanaio”. Volevano che io facessi una  “bella figura” quando arrivavo.Lo dovevo indossare quando sbarcavo a New York.

Era  quasi tutto pronto. Le valigie erano strapiene e il baule tanto colmo che  facemmo forza a chiuderlo. Il giorno prima della partenza mio padre aveva controllato i documenti. Passaporto.....visto  ......carta d’identità. Tutto a posto. Io andai in chiesa per un ultimo saluto alla Madonna .Il parroco del paese mi aspettava , mi diede la Santa Benedizione, mi riempì di Santini e mi augurò bene. Tornai a casa e la nonna mi chiamò in disparte. Era triste ma non voleva che io me ne accorgessi.

Con la mamma e le due sorelle lei era la più che mi dispiaceva lasciare. Mi fece sedere accanto a sè e mi disse "ora te ne vai tanto lontano, forse non ti rivedrò piu’ ma per te meglio andare via da qui, non c’e lavoro non ci sono opportunità. In America troverai gli zii, ti faranno conoscere un bravo ragazzo(un buon partito). Ti sposerai,andrai bene, sei brava e intelligente." Mi abbracciò teneramente. Io mi attaccai a lei e le promisi che sarei tornata  appena  potevo. Con gli occhi lucidi fece  cenno di si col capo ma si vedeva che non ci credeva.

La sera vennero a salutarci amici e parenti. Anche le mie amiche vennero, mi dissero che ero fortunata di lasciare il paese. Andai a salutarmi con la mia più cara amica,  Maria fu molto triste. Eravamo state buone amiche fin dall’infanzia. Lei piangeva mentre mi abbracciava.Facemmo fatica a distaccarci, Maria,  si avviò verso l’uscita ma prima di varcare la soglia si voltò di nuovo  mi fece un cenno con la mano, poi andò via. Chi sa se la rivedrò e quando. Era tardi ormai, domani mi dovevo alzare presto. Andai a letto fu l’ultima notte che dormii  a casa.

 

 

Vi parlo di me, in prima persona , ma non e’ solo una storia mia, ma la storia di mille  e mille famiglie che si imbarcavano tutti i giorni per terre lontane.

Di norma partiva solo il padre con i figli maggiorenni. La mamma rimaneva indietro con i figli più piccoli. Eventualmente, dopo che il padre e i figli si erano stabiliti in America richiamavano il resto della famiglia.

Questi sono i miei ricordi,ma come detto prima non e’ una storia solo mia  ma di

numerosissime altre famiglie costretti a dover fare una scelta che avrebbe per sempre cambiato il corso della loro vita.