LA CONTROVERSIA DEI RITI CINESI
Il prime vero rapporto della Cina con il Cristianesimo si ebbe all'arrivo degli europei in seguito alle scoperte geografiche. Dalla fine del 1500 missionari cattolici si recarono in Oriente e iniziarono un'opera di evangelizzazione accurata e profonda raccogliendo notevoli successi tanto che sembrò che l'Oriente potesse divenire tutto cristiano, come avveniva per le Americhe . In realtà solo le Filippine, diretto possedimento spagnolo abbracciarono il Cattolicesimo. In Giappone dopo un ampia diffusione il Cristianesimo fu perseguitato sanguinosamente e fini con lo sparire. Molto complessi furono gli avvenimenti in Cina.
Il primo grande missionario cattolico in Cina fu il gesuita italiano MATTEO RICCI .Nel 1582 giunse in Cina. Si impegnò nello studio profondo della lingua e della cultura cinese di cui divenne tanto esperto da poter confrontarsi con successo con gli intellettuali confuciani di cui adottò anche la foggia dell'abbigliamento. Nel 1601 fu ammesso a Pechino presso la corte imperiale e fu molto apprezzato per le conoscenze astronomiche che riportava dall'Occidente; addirittura fino alla fine dell'impero nel 1911 la funzione di direttore della "casa delle matematiche" un istituto astronomico imperiale ,fu riservato ancora a un gesuita. In seguito gli altri Gesuiti che seguirono padre Ricci continuarono nella sua linea. I Gesuiti erano sì di origine straniera ma si presentavano come partecipi della cultura cinese e quindi il Cristianesimo non veniva visto come qualcosa di straniero, di barbaro. Per un popolo come i Cinesi che ritenevano di essere il "centro" del mondo la cosa era fondamentale : i Gesuiti speravano in tal modo di convertire la Cina nel suo insieme partendo dalla classe dirigente.Il loro atteggiamento però scatenò quello che è passato alla storia come la CONTROVERSIA DEI RITI CINESI
I Gesuiti ritenevano che il pensiero confuciano e in genere i riti religiosi Cinesi non fossero incompatibili con il Cristianesimo. In seguito pero missionari cattolici francescani e domenicani che operavano al seguito degli spagnoli nel sud della Cina (e non nella capitale come i gesuiti) invece ritennero che essi fossero manifestazioni pagane, di indubbio valore religioso che non potevano essere assolutamente tollerate ; si ebbe allora una controversia che durò oltre un secolo e appassionò non solo gli ambienti religiosi ma anche uomini di cultura europei e intellettuali cinesi compreso anche personalmente alcuni imperatori
La discussione in particolare verteva su tre aspetti:
il termine con cui designare Dio. in cinese non esiste propriamente una parola specifica. Per i Gesuiti si poteva benissimo usare l'antico termine confuciano di "tien" ( cielo) o anche "Shang-ti" (Signore supremo ) pur esso tradizionale: per i loro avversari invece bisognava usare il termine nuovo "tien -chu" (signore del cielo): ovviamente non si trattava solo di una questione linguistica ma di una continuità o rottura con la tradizione cinese
i riti nei templi confuciani: periodicamente i cinesi si riuniva nei templi dedicati a Confucio e quivi davanti alla sua statua intonavano canti e "preghiere". Per i gesuiti non si trattava di veri e propri templi in quanto mai Confucio era stato considerato un Dio e nemmeno un un inviato di Dio: si trattava invece di una funzione civile, di fedeltà alla nazione , i canti e le "preghiere" erano solo un atto di omaggio al filosofo. Per i loro avversari invece si trattava proprio di un culto idolatra
le tavolette degli antenati: i cinesi usavano avere in casa delle "tavolette" dedicate agli antenati. Davanti ad esse essi recitavano preghiere, bruciavano incenso e presentavano anche offerte. Per i Gesuiti si trattava semplicemente di una manifestazione di rispetto per gli antenati defunti, un modo per rinsaldare i valori della famiglia e le sue tradizioni. Per gli avversari invece effettivamente i cinesi credevano che presso le tavolette ci fossero gli spiriti degli antenati e che e si aspettavano da essi aiuti concreti.
La questione si trascinò per oltre un secolo.
Crediamo che in effetti avessero ragione sia i Gesuiti che i loro oppositori: a un certo livello di cultura i riti avevano solo un valore civile ma per il popolo essi erano effettive manifestazioni religiose. D'altra parte questa dualità è tipica di ogni religione. Si pensi per esempio nello stesso ambito cristiano al culto delle immagini: per la ortodossia le immagini sono solo immagini ma per il popolo spesso l'immagine ha un valore miracoloso di per se. Si noti come questa questione fece esplodere le sanguinose guerre dell'iconoclastia nell'alto medioevo. Discorso simile si può fare anche per le reliquie che spesso assumono a livello popolare un valore "magico". Anche il culto dei santi cattolici si presta a equivoci: per la ortodossia solo Dio può fare miracoli, il Santo solo può intercedere: ma per la religiosità popolare il santo "fa" il miracolo e ci sono santi piu potenti di altri e magari ogni città esalta la potenza del proprio santo patrono a discapito di quella dei patroni delle città vicine.
La questione dei " Riti cinesi" fu rimessa al giudizio del pontefice e si ebbero decisioni incerte e contrastanti per oltre un secolo . Nel 1747 alla fine Roma condannò senza appello i "riti cinesi". Si prescrisse a tutti i missionari operanti in Cina un impegno esplicito a non tollerare i "riti cinesi". Il tentativo di presentare il Cristianesimo in veste cinese cosi falli. i missionari continuarono nello loro opera ma furono espulsi e ostacolati dalle autorità e soprattutto furono visti come estranei in una civiltà tanto orgogliosa di se stessa.
Solo nel 1939 Pio XII ammise la possibilità a certe condizioni della liceità dei riti cinesi:ma ormai la Cina aveva voltato pagina