LA
DIMENSIONE ECONOMICA DELLA
DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
Le encicliche sociali (specialmente la "Centesimus Annus") ci
indicano come realizzare un'autentica economia d'impresa ovvero una economia
libera di mercato.
Una delle ragioni che ci spinge ad intraprendere la riflessione sulla
dimensione economica della Dottrina Sociale della Chiesa risiede nella
constatazione che l'interpretazione dei nessi tra etica ed economia sembra
costituire il percorso più originale per la comprensione, la critica e la
proposizione di modelli socioeconomici in grado di rappresentare la complessità
dell'agire umano. Tale premessa,
sotto il profilo squisitamente epistemologico, implica il rifiuto di qualsiasi
riduzione della Dottrina Sociale a mera enunciazione di principi immutabili o a
corollario della morale (S. Lanza),
mentre introduce un originale metodo di elaborazione dei materiali sociali in
grado di rappresentare un termine di riferimento per l'elaborazione di
un'economia per l'uomo che sappia cogliere ed interpretare il dinamismo tipico
della persona: un'autentica prasseología.
In tal senso, l'etica, più che prius,
un elemento preordinato o comunque separato dal momento politico ed economico,
è posta in rapporto "consustanziale", alla stessa realtà economica,
recuperando la nozione integrale di persona agente che contrasta con la
riduzione economicista dell'homo
oeconomicus; anche se riconosciamo il valore euristico e logico di questa
nozione, che ci consente di costruire modelli astratti e formali cui confrontare
gli squilibri e le incongruenze del mondo reale. inoltre, allo stato attuale,
rileviamo che tali relazioni interdisciplinari sembrano suscitare un inedito
interesse sia tra coloro che tradizionalmente si sono sempre occupati di etica,
sacrificando volutamente lo studio della creazione e diffusione della prosperità,
sia tra coloro i quali hanno sempre ritenuto non di loro competenza il come
e si produce la ricchezza.
Il
capitale umano
Sul versante del metodo, alla base di tale riflessione troviamo del
metodo, alla base di tale riflessione troviamo del metodo, alla base di tale
riflessione troviamo ciò che, con un certo ardire, chiameremmo personalismo metodologico, ossia
l’approccio con il quale giudichiamo le multiformi istituzioni sociali a
partire dalla ferma convinzione, in ordine all’intersoggettività - o
reciprocità - della persona umana che ci consente di osservare l’individuo
nel momento in cuoi agisce con gli altri (nel nostro caso, a differenza
dell’individualismo metodologico, almeno nella versione formulata dalla
corrente ortodossa neoclassica, Robinson
Crosue non può prescindere dall’incontro con Venerdì). L’altro, allora, è la chiave attraverso cui possiamo dischiudere
lo scrigno prezioso e segreto che è in noi e scoprire l’immenso tesoro di cui
Dio ci ha fatto dono. D’altra parte - e qui la riflessione sociale cristiana
incontra quella austriaca - è doveroso ricordare che il mercato, per essere tale, ossia per ben svolgere il ruolo di
ordinatore delle scelte degli operatori economici, necessita di un presupposto
di carattere etico: la libertà.
Tale presupposto, come afferma Giovanni paolo II nella Centesimus
annus, ha il merito di evidenziare l’elemento
essenzialmente positivo, in quanto umano ovvero personalista, della moderna economia di mercato e che sta alla base del suddetto personalismo
metodologico, un metodo che, pur riconoscendo la necessità di andare oltre
i limiti dell’individualismo metodologico, non
intende negarne i meriti. In primo luogo, l’individualismo metodologico, a differenza del
metodo marxista ed in una certa misura anche di quello keynesiano, dove
l’oggetto dell’attività economica è l’aggregato, ha avuto il
merito e l’originalità di porre il soggetto dell’azione al centro
dell’indagine; potremmo dire, riducendo l’azione stessa al soggetto, ossia la
persona agente, la quale non è mera sostanza individuale, bensì un soggetto libero, creativo, responsabile e relazionale. Quanto allo scopo, è necessario abbattere le barrire che separano le
varie scienze sociali, riconoscendo che la scienza economica, in quanto scienza
umana, presenta una serie di fenomeni ed elementi di natura analitica che,
certo, vanno prima individuati con tecniche adeguate, ma successivamente
necessitano di essere interpretati e posti in relazione con il diritto, con la
psicologia, con l’antropologia, nonché con l’imprescindibile dato
storico-geografico. In tal modo, la stessa scienza
economica rappresenta lo strumento sofisticato che ci introduce in una nuova
e più ampia dimensione, irriducibile al formalismo positivista delle scienze
naturali ed assimilabile all’architettonica arte dell’economia, non avendo a
che fare con l’archetipo dell’homo
oeconomicus, bensì con il più concreto homo
agens. La riflessione sin qui svolta si propone di offrire gli elementi di
una dottrina economica pluridimensionale, in base alla quale, alla luce della
Dottrina Sociale della Chiesa, storicizzare - per usare le parole del Santo
Padre che si interroga “sul modello che
bisogna proporre ai Paesi del Terzo Mondo che cercano la via del vero progresso
economico e civile” - un’autentica ”economia d’impresa” o
“economia di mercato” o, semplicemente “economia libera” (C.A. n. 42). Ossia, per riprendere anche i contenuti ed il programma economico di
Luigi Sturzo, uno sviluppo economico intensivo, diffuso e stabile;
caratterizzato dall’accumulazione decentrata del capitalismo (in tutte le sue
dimensioni), dal ruolo delle organizzazioni sindacali impegnati affinchè gli
imprenditori perseguano il reinvestimento produttivo dei loro utili e dalla
lotta ai monopoli (tanto pubblici che privati), favorendo la crescita della
concorrenza all’interno di un chiaro quadro normativo.